Tutti i diritti riservati
Sempre più, almeno dopo le tragedie, si parla di prevenzione attraverso l’educazione, trattandosi di situazioni che provengono da voragini emotive, valoriali, relazionali create da assenze ed incompetenze e non da “colpi di matto”. Il problema, macroscopico, riguarda ogni agenzia educativa e comunicativa (famiglia, scuola, sport, associazioni, media…) ed è la mancanza di capacità educative, dirette e trasversali, nell’attuale generazione adulta. E non tiriamo fuori gli educatori di una volta perché “una volta” non c’è più.
Piste su cui lavorare: formare gli educatori, perfino certi “esperti”. E avere tutti occhio attento e talvolta lungimirante su: volere tutto e subito senza alcuna fatica (mancanza di motivazione e di resilienza); volere tutto come e più degli altri sabotando questi altri (invidia e social-rivalità); mancata esperienza di sana frustrazione in educazioni senza regole (ipo-paterno) e con troppo accudimento (iper-materno); no alla fusionalità prolungata (allattamento senza fine, lettone condiviso, taxisti per sempre…); no al mito della “coppia in simbiosi” cioè al prolungamento sul partner del legame primario e irrisolto con i propri genitori; no al mito tutto italiano del “bravo ragazzo” cioè del passivo-aggressivo che non rivela la rabbia che cova (esprimendola in modo appropriato); no al tutto dovuto in quanto maschio (patriarcato e gender gap); no al senso di colpa della ragazza “buona” che non è empatica se non porta pazienza, subisce e perdona; no agli audio-sos non riferiti immediatamente a chi deve proteggere; no al narcisismo, overt e covert, sbruffone o cucciolone, quando è ancora un fiammifero senza mai più attendere l’incendio.