Il benessere perduto dei giovani adulti in definizione

Prosegue con questo nuovo articolo la mia collaborazione con il settimanale

“La vita del popolo” per la rubrica “Stile di famiglia”.

13/11/2020 di Lucia Boranga da La vita del popolo

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  • Giovani adulti in definizione

In una manifestazione giovanile una ragazza porta il cartello "non è un paese per giovani"Bambini nel primo decennio della vita, adolescenti nel secondo e infine giovani-adulti nel terzo. L’età propriamente evolutiva dell’essere umano copre il più lungo arco di tempo delle crescite in natura perché la posta in gioco è la più grande: costruire un essere umano, una persona, la creatura a Sua immagine e somiglianza. In particolare il terzo decennio evolutivo viene chiamato il “decennio della definizione” perché è il momento propizio per rifinire ad arte l’educazione ricevuta, raccoglierne il meglio con gratitudine e prendere le consapevoli distanze dagli errori compiuti dagli educatori incontrati. Non è adolescenza e non va confusa con essa: gli adolescenti sono minorenni, devono vivere con i genitori e devono stare alle regole, purché ci siano, della comunità educante.

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Una giovane con jeans e capelli lunghi seduta e pensierosa

Il giovane-adulto, invece, è maggiorenne e ha il diritto-dovere di diventare se stesso, distinguersi da chi l’ha generato, trovare la propria strada e percorrerla assumendosene tutte le responsabilità. È un processo personale e sociale assolutamente graduale, ma non per questo non visibile concretamente. Con lui la famiglia d’origine c’è ancora, ma stavolta per sostenere l’impresa, poiché sostituirsi a un giovane-adulto significherebbe fare di un figlio sano un inetto alla vita. Ed ora? Come definirsi e prendere la propria strada in tempi come questi? Se l’impatto sanitario del covid è evidente e affatto trascurabile, cominciano a emergere i primi dati autorevoli sulle altre conseguenze. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, ad esempio, oggi il maggior rischio depressione (non tristezza, de-pres-sio-ne!) riguarda in Italia proprio i giovani dai 18 ai 35 anni poiché rispondono in modo significativo, molto più dei bambini e degli anziani, a queste domande: trovo difficile affrontare i problemi importanti della mia vita; mi sento particolarmente ansioso; mi sento piuttosto solo; mi sento spesso/sempre giù di morale. Nel complesso insomma, fra i ventisette paesi censiti dall’Oms, l’Italia è purtroppo risultata terzultima quanto a benessere mentale, davanti solo a Grecia e Polonia.

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La cartina dell'Australia e due passaporti per il working holiday dei giovani adulti e la loro definizione

In pratica, nonostante il virus abbia provocato il maggior numero di vittime fra gli anziani, le persone avanti con l’età se la caverebbero meglio emotivamente, perché hanno già vissuto, lavorato, amato e a loro basta, giustamente, non ammalarsi e poco più. Ma un giovane che ambisse a una vita da pensionato sarebbe già morto dentro di altro, per cui ci è chiaro il monito di Cesare Pavese che nel “Mestiere di vivere” scriveva che la vera disperazione non è non avere nulla, ma non attendere nulla. Sia dunque seriamente compreso che la deprivazione relazionale cui siamo sottoposti mette a rischio la salute antropologica di tutti, soprattutto quella dei giovani che dovrebbero essere attaccati alla vita più che al computer.

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